Mario Valle Web

Un LEGO mentale dal bambino allo scienziato

Come i mattoncini LEGO permettono di creare strutture multiformi, così la mente del bambino cerca di creare un ordine fra i contenuti della sua esperienza sensoriale e, attraverso questa, estrae schemi dalla realtà che lo circonda. Ma lo stesso bisogno di ordine lo vive lo scienziato che, per capire i fenomeni descritti dai numeri prodotti in quantità da esperimenti e simulazioni, cerca di scovare strutture e regolarità nascoste nei dati.

In un ambiente Montessori il bambino è guidato e facilitato in questo suo lavoro di ricerca dai “materiali di sviluppo” che vi si trovano. Così lo scienziato non può far altro che meravigliarsi dei paralleli inaspettati fra il suo lavoro e il lavoro del bambino con i “giocattoli utili” frutto delle ricerche scientifiche, a tutt’oggi ancora incredibilmente moderne, portate avanti cento anni fa da Maria Montessori.

 

Buongiorno!

Chi di voi non ha mai sognato da bambino di avere così tanti mattoncini LEGO da poter costruire qualsiasi cosa riuscisse a immaginare? Parlo di quei mattoncini classici, tutti simili, con la stessa struttura, ma con tanti colori differenti.

Non sono pagato dalla LEGO, ma è indubbio che tra i giochi questo sia uno di quelli su cui i pedagogisti non hanno nulla da ridire.

Un gioco dalle poche regole. Un gioco senza manuale d’istruzione perché non serve, s’impara facendo, esplorando possibilità e combinazioni e vedendo immediatamente i risultati dei tentativi fatti.

Un gioco libero ma strutturato, perché non posso mettere i pezzi come mi pare. Se ci provo, non si attaccano o vengono via facilmente.

Un gioco dove spesso il bambino sa quello che vuole fare e ha un chiaro disegno in testa di quello che vuole ottenere. Un gioco che ha bisogno e che crea ordine mentale.

Un gioco che è la perfetta metafora della creatività: da tanti pezzi uguali, creo qualcosa che prima non c’era.

Metafora delle regole e dell’ordine come base della creatività. Metafora delle strutture che guidano, invece di intralciare, il pensiero e la fantasia.

Confesso che a me piacerebbe giocarci tutto il giorno, invece lavoro al Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS per gli amici) tra supercalcolatori e scienziati. Devo dire però che per me il lavoro al CSCS è come giocare con il LEGO all’ennesima potenza.

In alcuni casi è ovvio, perché abbiamo strumenti di programmazione molto simili a una scatola di LEGO: c’è una libreria di mattoncini che unisco e collego per ottenere il risultato desiderato, in questo caso la visualizzazione del reticolo chimico di una zeolite.

Ma più spesso, come per il LEGO, devo avere in mente un modello che mi guidi nel costruire i programmi che fanno funzionare i supercomputer. Una vera e propria mappa che non mi fa perdere la strada nella complessità esponenziale delle possibilità che mi offre il supercalcolatore.

Come succede a me, così lo vedo nei miei colleghi e negli scienziati che bazzicano per il CSCS.

Queste strutture che abbiamo nella mente traboccano nei gesti con cui cerchiamo di renderle concrete e visibili per comunicarle ad altri.

A sua volta il gesticolare, il muovere le mani, ci aiuta a costruire i modelli mentali che faranno da impalcatura alle nuove conoscenze, come hanno scoperto questi ricercatori analizzando quello che facciamo mentre studiando un testo. O gli studi di Susan Goldin-Meadow di Chicago che tra l’altro ha scoperto come il gesticolare cercando di risolvere un problema di matematica ne migliori i risultati.

(Mitchell J. Nathan & Chelsea V.J. Martinez (2015) Gesture as model enactment: the role of gesture in mental model construction and inference making when learning from text, Learning: Research and Practice, 1:1, 4-37, DOI: 10.1080/23735082.2015.1006758)

E anche il muovere le mani per produrre scarabocchi su una lavagna, come fanno tanti seri scienziati al CSCS per materializzare durante una discussione le idee astratte che hanno in testa. Per esempio questo è quello che rimane dopo uno scambio d’idee col mio capo riguardo al progetto su cui stavo lavorando.

A volte è la struttura fisica stessa dei supercalcolatori che guida i processi mentali dei ricercatori del CSCS;…

…strutture che dobbiamo assimilare per essere capaci di costruire nella mente quei modelli che ci permettono di sfruttare al massimo le macchine su cui lavoriamo.

Nel mio lavoro ho a che fare con scienziati di vari campi. In questi contatti mi sono reso conto di come il lavoro scientifico significhi soprattutto porre le domande giuste. E per fare le domande giuste bisogna avere ordine mentale. Invece nell’era di Google è facilissimo ottenere risposte, ma nessun programma ti aiuta a porre domande significative. Già Picasso se ne lamentava: “I computer sono inutili. Possano solo darti risposte”.

Sì, certo, mi potete far notare che molte scoperte derivano dall’aver trovato ciò che non stavamo cercando, la “serendipity” appunto. Ma Pasteur notava che “il caso favorisce la mente preparata”.

In entrambi i casi è abbastanza ovvio che “L’ordine è una condizione necessaria per far sì che una struttura funzioni” come scrisse Rudolf Arnheim, uno storico dell'arte e psicologo tedesco. E sono proprio le strutture che lo scienziato usa e immagina per rendere comprensibile le realtà che sta studiando. Prendiamo per esempio…

…un diamante che probabilmente diventerà un componente essenziale dei futuri calcolatori quantistici, oltre a quel trascurabile interesse che suscita in una buona metà della popolazione mondiale,…

…per comprenderlo lo scienziato lo riduce ai suoi costituenti ultimi, al reticolo ordinato di atomi di carbonio uniti tra loro che formano il diamante; …

…poi, per diminuire la complessità delle relazioni e poterle così capire, dal reticolo estrae la cella base che ripetuta nelle tre dimensioni costituisce il diamante. Ma lo scienziato non si ferma qui…

…perché, usando la struttura data dalle simmetrie geometriche, può ridurre il cristallo di diamante a un unico atomo di carbonio e a un’unica legge di simmetria spaziale. Una bella economia non c’è che dire. Non avrà lo stesso fascino del diamantone iniziale, ma gli scienziati spesso non badano a questi dettagli.

E ancora, gli scienziati spesso impongono una struttura visuale ai dati per facilitarne l’interpretazione, eliminando dettagli non essenziali. Come nella rappresentazione di questa proteina, che si chiama chaperonina, essenziale per ogni essere vivente perché promuove l’esatto ripiegamento delle proteine. Da sinistra a destra visualizzo tutti gli atomi (troppi dettagli), poi lascio solo la superficie delle singole unità, e infine le rappresento in maniera semplificata. Con queste rappresentazioni si fanno guidare da quello che vedono per navigare verso nuove scoperte.

Non da ultimo gli scienziati fanno esperimenti perché hanno bisogno di trovare ciò che rimane stabile nella varietà dei risultati. Per esempio è su questa linea che si colloca la tavola periodica degli elementi (qui, guarda caso, costruita col LEGO) che è una struttura che mettere ordine nella varietà degli elementi chimici.

Non sono solo gli scienziati che colgono strutture nascoste nei fenomeni che stanno studiando. Lo facciamo anche noi.

Creare strutture, mettere ordine negli stimoli acquisiti è così importante che l’evoluzione ci ha fornito di meccanismi dal funzionamento automatico. Per esempio lo stesso nostro sistema visivo coglie strutture d’ordine attorno a noi quasi senza sforzo cosciente da parte nostra e anzi…

…le estrae automaticamente. In un qualche modo il nostro sistema visivo pre-processa la scena per semplificarci l’interpretazione, anche se ha volte ci fa vedere ciò che non c’è. Una capacità codificata nelle cosiddette leggi della Gestalt. Per esempio qui non riusciamo a non vedere un quadrato o a vedere due triplette di punti invece di tre coppie. Certo, è un meccanismo che ci semplifica il lavoro, ma a volte esagera…

… con effetti a dir poco esilaranti.

E scendendo dentro il cervello troviamo ancora una volta una struttura ordinata ma complessa formata dalla rete di collegamenti sinaptici tra i vari neuroni e le varie aree funzionali. Una struttura a rete che si riflette…

…nella struttura delle nostre conoscenze, nella quale i diversi concetti sono collegati tra loro a molti livelli di astrazione, con alcuni nodi, che rappresentano concetti più generali, particolarmente ricchi di collegamenti e situati a diversi livelli. Una struttura che ben si riflette nelle mappe concettuali o nelle mind-maps che alcuni usano per prendere appunti o per organizzare quanto stanno studiando.

Non dimentichiamo però che, sì, il cervello è altamente strutturato, ma è anche estremamente flessibile. Non è una tabula rasa, ma non è nemmeno scritto sulla pietra.

Da questi esempi spero di avervi convinto che organizzazione mentale, struttura, ordine e così via sono categorie fondamentali per il nostro capire e muoverci nel mondo e per la crescita nostra e delle nostre conoscenze.

Ma nel bambino?

I bambini le hanno queste strutture? Se sì, come le creano? Vista la loro utilità, che cosa posso fare per aiutarli ad acquisire questa capacità di costruire strutture e ordine mentale?

Innanzitutto togliamoci dalla testa l’idea che il bambino sia solo un adulto in miniatura. Già gli studi di Piaget, e ancor di più Maria Montessori, hanno dimostrato che la differenza tra il pensiero del bambino e quello dell’adulto è di tipo qualitativo: il bambino, infatti, non usa la mente come un adulto, ma di meno, la usa con modalità sue proprie. Per esempio…

… dove l’attenzione dell’adulto è come un riflettore che si concentra su un punto lasciando tutto il resto nell’ombra;…

…l’attenzione del bambino è come una lanterna che illumina tutto. Possiamo addirittura dire che i neonati e i bambini piccoli sono pessimi a focalizzarsi su una singola cosa, ma sono molto bravi a recuperare informazioni da tante fonti diverse in una volta sola. In altre parole hanno una mente assorbente, come una spugna.

Gli studi della dottoressa Alison Gopnik, autrice tra l’altro della metafora qui rappresentata, hanno dimostrato che i bambini sono scienziati in miniatura che ragionano in modo statistico (bayesiano aggiungo per gli amanti del genere) e sono abili costruttori di teorie, cioè iniziano a strutturare ciò che acquisiscono. Capacità che non sono intellettuali, ma per così dire, inscritte nella natura stessa del bambino. Possiamo dire che in definitiva i bambini sono il reparto ricerca e sviluppo (R&D) dell’umanità; a noi adulti invece spettano i reparti «Produzione» e «Marketing».

Non ne siete convinti? Ora vediamo all’opera uno di questi scienziati.

In questo breve filmato si vede come un cucciolo d’uomo, cui piace il lecca-lecca rosso, messo di fronte a due contenitori, uno con più lecca-lecca rossi e l’altro con più neri, deduce che quello estratto dal primo contenitore è più probabilmente rosso e lì si dirige sicuro.

Questo loro lavorio interiore di acquisizione e di catalogazione delle conoscenze lo etichettiamo come «apprendimento». L'apprendimento nei bambini è un processo di costruzione attiva della conoscenza. Già Piaget aveva percepito il bambino come un «artefice della propria comprensione».

Apprendere significa proprio organizzare il materiale ricevuto in una struttura mentale coerente, per poi integrarlo con la conoscenza pregressa. Notiamo che per i «data scientist» come me la conoscenza è “informazione più connessioni” perché la conoscenza è sempre strutturata.

Apprendere non è quindi riempire i dischi dei miei supercalcolatori di simboli astratti. Il supercalcolatore accumula, non apprende (in generale) e il bambino non è un disco di computer (o un vaso) vuoto da riempire.

Apprendere per un bambino è creare delle classificazioni, delle strutture d’ordine, è riempire dei «cassetti della memoria» che serviranno per collegare e strutturare le ulteriori conoscenze che verranno acquisite.

Ma soprattutto, apprendere non è un’attività esclusivamente intellettuale! Ci sono svariati studi come questi qui riportati che legano la cognizione al movimento e fra questi i più importanti sono quelli…

…che tirano in ballo i neuroni specchio.

Questi neuroni, scoperti da Giacomo Rizzolatti e colleghi a Parma, sono neuroni motori che si attivano sia quando compiamo un’azione, sia quando la vediamo compiere da qualcun altro.

Così la bambina che guarda sta in realtà simulando internamente quello che vede fare dall’altra bambina, lavorando anche lei allo stesso materiale, anche se solo mentalmente.

In definitiva, come sintetizza Rizzolatti, “Il cervello che agisce è anche e innanzitutto un cervello che comprende” (So quel che fai… Rizzolatti e Sinigaglia, 2006)

Una volta invece si pensava che il nostro cervello avesse una parte superiore che comandava e pensava, e una parte motoria che eseguiva gli ordini. Non è così, scoperte come quella dei neuroni specchio ribaltano questo schema e riportano il movimento al centro delle nostre attività cosiddette superiori.

È così che funziona il cervello. È inutile che ci ostiniamo a imporre nell’educazione teorie che non hanno riscontro nei meccanismi mentali.

Se lo facciamo, spesso otteniamo tristi risultati anche sul piano economico, come è successo al distretto scolastico di Los Angeles che ha fatto causa alla Apple perché le migliaia di tablet e di software “didattici” che avevano comprato hanno addirittura peggiorato il livello di apprendimento degli studenti. Ma non bastava porre attenzione su come funziona il cervello prima di imbarcarsi in un tale profluvio tecnologico?

Maria Montessori tutto questo lo aveva capito già cento anni fa. La mente assorbente, i cassetti della memoria e tanti altri meccanismi mentali del bambino. Una scienziata che è andata ben oltre Piaget seguendo le sue intuizioni sul funzionamento e sviluppo della mente del bambino assolutamente in anticipo sui tempi. Il risultato lo vediamo…

…nella pratica vissuta nelle sue scuole in cui tutto passa attraverso i sensi non in maniera casuale e caotica, ma seguendo una struttura e un ordine che hanno fondamento innanzitutto…

…nella struttura dello sviluppo del bambino, con i suoi ritmi, i suoi piani di sviluppo e con i suoi periodi sensibili. Attenzione! Questa non è una bella teoria studiata a tavolino, ma il risultato delle osservazioni sul campo della scienziata Maria Montessori. …

… Scoperte che trovano conferma negli studi sullo sviluppo del cervello. Per esempio partiamo dal dato sperimentale che le varie aree della corteccia cerebrale non maturano tutte allo stesso momento. Questo è un cervello tra i 4 e i 20 anni. Se uniamo questi diversi ritmi di crescita e potatura all’altro fenomeno, quello della mielinizzazione, ne risulta che esistono dei periodi sensibili, dove il bambino ha un’unica e irripetibile capacità di acquisire una determinata capacità.

Per esempio Montessori parlava del periodo sensibile dell’ordine. Non stupisce perciò vedere questo bambino del nido rimettere in ordine da solo i materiali che ha usato.

Lo spiega Maria Montessori ne “Il bambino in famiglia”: “V’è un istinto che comincia a rivelarsi nel primo anno d’età e ha la sua massima manifestazione verso i due anni: il bisogno del bambino, per costruire la propria mente, di vedere le cose sempre nello stesso posto e nell’uso cui sono destinate. Se questo non avviene e qualcuno perturba l’ordine o la destinazione degli oggetti, egli è offeso e ferito, si crea per lui un ostacolo ed egli si difende difendendo le cose, facendole rimanere quanto più si può nello stesso modo, come gli occorre che siano.”

Leggendo queste parole capite che non è mania, né qualcosa fine a se stesso l’ordine che trovate in ogni ambiente e su ogni mobiletto di una scuola Montessori che si rispetti. Vedere questo ordine è ricordare visivamente un aspetto della mente dei bambini…

…così ben sintetizzata da Maria Montessori: «Allo stato naturale, lo spirito umano è già matematico: tende verso l’esattezza, la misura e il raffronto». Ha un ordine suo e cerca l’ordine attorno a sé.

E così i materiali, che non sono materiali didattici, cioè pensati per aiutare la maestra, sono materiali di sviluppo, cioè materiali pensati per aiutare lo sviluppo della mente del bambino, per aiutarlo nella sua individuale e personale ricerca delle “strutture d’ordine della realtà”.

E sono anche belli!

La costruzione del materiale strutturato è basata su un’impostazione di tipo analitico, cioè sul principio dell’isolamento di un’unica qualità (la dimensione, la forma, il colore, ecc.), e rimanda all’interpretazione secondo cui il bambino concentra l’attenzione prima sulle singole parti dell’oggetto e poi, attraverso un graduale processo di analisi, di classificazione e di seriazione, perviene alla conoscenza globale dell’oggetto stesso.

Per esempio la torre rosa isola il volume da tutte le altre caratteristiche, come il colore, che possono distrarre…

…a differenza di queste torri che intrattengono il bambino senza aiutarlo e guidarlo ad acquisire una struttura mentale. Tra l’altro questi blocchi non danno nemmeno una sequenza comprensibile di dimensioni, a differenza della più umile torre rosa.

Ma torniamo alla frase di Maria Montessori «Allo stato naturale, lo spirito umano è già matematico: tende verso l’esattezza, la misura e il raffronto». L’importanza e la verità di questa frase si vedono chiaramente nelle abilità matematiche anche in bambini molto piccoli. Dobbiamo solo liberarci dall’idea preconcetta che matematica voglia dire esclusivamente formule e numeri. Ne parla diffusamente la tesi di mia moglie che ha osservato comportamenti matematici inaspettati che confermano la frase di cui sopra…

…come l’acquisizione delle relazioni maggiore/minore come sta facendo senza accorgersene questa bimba mentre infila anelli su perni della dimensione giusta. Anche qui sono i materiali che sono stati pensati per aiutare il bambino a creare strutture matematiche nella mente.

Materiali che trasformano le noiose tabelline in strutture visive.

Quando vedete un bambino lavorare con i fuselli, annodandoli assieme, sappiate che non solo acquisisce il concetto di numero come composto di unità legate assieme, che è una struttura mentale, ma il movimento delle mani, il dover fare il nodo aiuta ad acquisire il concetto (la struttura) con tutto il corpo.

Alcuni materiali, come le aste numeriche, vengono presentati dalla maestra in maniera non strutturata…

…in modo che sia il bambino a mettere ordine, creando delle strutture sul tappetino con il materiale, ma più importante, creando l’ordine e le strutture nella sua mente. (sì lo so che le aste sono messe male, dovrebbero avere tutte un tratto rosso a sinistra per dare l’idea che ogni numero inizia con lo stesso uno. Rimedierò).

Ma torniamo ai materiali. Abbiamo visto come materializzano un’astrazione attraverso la creazione di strutture mentali, visive e fisiche. Stesso concetto, strutture differenti. Così è più probabile che il concetto si fissi nella mente. Del resto tutti questi materiali matematici riportano…

…al moderno movimento che vuole aggiornare la definizione di matematica passando dal classico «la scienza dello spazio e del numero» al moderno «la scienza delle configurazioni».

Qualcosa che non è nata oggi, infatti, già nel 1940 il matematico Hardy sosteneva che «Un matematico, come un pittore o un poeta, è un creatore di schemi. Se i suoi schemi sono più permanenti dei loro, è perché sono fatti di idee.»

Risalendo più indietro ancora, già Évariste Galois cambiò il volto dell'algebra concentrandosi non più su numeri o funzioni, bensì su strutture, in cui gli oggetti matematici non erano presi nella loro singolarità, bensì nel loro insieme e uniti da legami che strutturano questi insiemi.

Per tornare al LEGO, c’è uno studio che lega i risultati, cioè la comprensione matematica, all’abilità nel copiare e ricostruire strutture LEGO. Perché? Perché anche un compito semplice come questo implica la capacità di manipolare strutture nella mente.

E allora ben vengano le manipolazioni degli incastri che vengono proposte alla Casa dei Bambini.

Perché, appunto, manipolare degli oggetti fisici fa sì che acquisiamo la capacità di manipolare oggetti mentali…

…come ha dimostrato il famoso esperimento psicologico di Shepard e Metzler cui ruotiamo le rappresentazioni mentali come se fossero oggetti fisici. Come se ne sono accorti? In un quiz come quello della slide, dove bisogna trovare a quale oggetto della riga in basso corrisponde quello in alto, il tempo impiegato per stabilire se una coppia è formata dallo stesso oggetto è proporzionale all’angolo che c’è fra i due oggetti. (Nel problema indicato, alla configurazione in alto corrisponde l’oggetto B).

E così, manipolando una rappresentazione fisica del cubo del binomio, smontandolo e rimontandolo,…

…la formula la capisco in cinque minuti e me la ricordo pure!

Allo stesso modo, con le mani posso materializzare anche l’astrazione del teorema di Pitagora.

Ma non solo matematica. Anche la grammatica ha bisogno di rendere evidenti e visibili le strutture della frase.

Questi materiali di sviluppo funzionano perché si basano sui meccanismi di funzionamento del cervello. Per questo si usano come si usano e sono come sono.

I materiali Montessori non sono però rigidi. Purché non siano usati in maniera distruttiva, va benissimo se il bambino trova un’altra maniera di usarli per costruire delle strutture. Diceva, infatti, Maria Montessori: “L’utilizzo creativo non è considerato un utilizzo improprio. L’utilizzo improprio è quello che danneggia il bambino o il materiale, o che mette in pericolo cose o persone. Quando un bambino utilizza un oggetto in modo diverso da quello per cui è stato concepito, facendolo in modo intelligente ed ingegnoso, è bene non interferire.”

Guardate questa foto…

… che cosa ci trasmette? In questo sguardo gioioso c’è tutta l’intelligenza, la capacità di osare tipica dell’infanzia, che va preservata ad ogni costo. Perché, lo dimentichiamo troppo spesso, la pedagogia Montessori non mira unicamente all’ordine e al rispetto delle regole. La ricchezza di questo approccio sta, al contrario, nel delicato equilibrio tra rigore e libertà. L’innovazione è possibile grazie alla padronanza di una tecnica, di un sapere o di un saper fare che porta all’esplorare nuove possibilità. Lo capiamo passando al nido,…

…dove possiamo trovare bambini che giocano col cestino dei tesori di Elinor Goldschmied. Svuotano, prendono, combinano, cercano. Non si stancano mai.

La cosa che mi ha colpito di più è che innanzi tutto questi cuccioli esplorano senza un’idea preconcetta di quello che troveranno. Come del resto fa un bambino più grandicello di fronte a un cesto di mattoncini LEGO dove un nuovo tipo di pezzo gli suggerisce immense possibilità di creazione.

Ed è quello che devo fare spesso nel mio lavoro. Non so che cosa troverò. Combino tutti i numeri che ho generato sperando che qualche combinazione mi faccia drizzare le orecchie.

Per esempio qui ho sei variabili per ognuno di diecimila cristalli. Li provo a combinare due a due e una combinazione attira la mia attenzione,…

…quindi rappresento in modo differente queste quantità ed ecco che mostrano una relazione più interessante e del tutto inaspettata.

Invece a scuola si propongono problemi addomesticati, cioè problemi ben strutturati, che richiamano un problem solving di tipo applicativo. Ma nella vita e nella pratica professionale i problemi frequentemente sono mal strutturati: le condizioni di partenza sono instabili e poco definite; le relazioni tra variabili sono complesse e le informazioni incomplete. Problemi che nulla hanno a che fare con quelli del sussidiario degli anni ‘30 o con quelli proposti dalle scatole LEGO con cui posso costruire uno e un solo modello.

Così per me è stata una piacevole sorpresa scoprire che alla scuola Montessori che aveva frequentato mio figlio le maestre si erano inventate un materiale per insegnare al bambino a porsi domande e a fare ricerca, vera ricerca. Ovvero esplorare e porsi domande.

Ritorniamo ora alle strutture della mente. Gli studiosi definiscono schema mentale come un modello di azioni ripetute. Grappoli di schemi che più tardi si cristallizzano in concetti.

Maria Montessori, nel suo libro “L’autoeducazione”, racconta il fatto che le aprì gli occhi su questo modo di funzionare della mente umana.

“Io stavo facendo le mie prime prove nell'applicare i principi e parte del materiale che mi erano serviti molti anni prima all'educazione dei bambini deficienti, sopra i piccoli bambini normali di S. Lorenzo, quando mi accadde di osservare una bambina di circa tre anni, che rimaneva profondamente assorta sopra un incastro solido, sfilando e infilando i cilindretti di legno nei loro posti rispettivi. L'espressione della bambina era di una sì intensa attenzione, che mi sembrò quella una manifestazione straordinaria: i bambini fino allora non avevano mai mostrato una tale fissità sopra un oggetto: e la mia convinzione sulla instabilità caratteristica dell'attenzione nel piccolo bambino, che passa senza posa da cosa a cosa, mi rendeva ancor più sensibile al fenomeno.

Io osservai intensamente la piccina senza disturbarla in principio e cominciai a contare quante volte ripeteva l'esercizio: ma poi, vedendo che continuava molto a lungo, presi la poltroncina su cui era seduta, e posi poltroncina e bambina sulla tavola; la piccolina raccolse in fretta il suo incastro, poi lo posò attraverso i braccioli della poltroncina e mettendosi in grembo i cilindretti, continuò il suo lavoro. Allora invitai tutti i bambini a cantare: essi cantarono, ma la bambina continuò imperturbata a ripetere il suo esercizio anche dopo che il breve canto fu cessato. Io avevo contato quarantaquattro esercizi; e quando finalmente cessò, cessò in modo affatto indipendente dagli stimoli dell'ambiente che potevano disturbarla: e la bambina si guardò intorno soddisfatta, quasi svegliandosi da un sonno riposante. La mia impressione indimenticabile credo che somigliasse a quella provata da chi ha fatto una scoperta.”

I bambini hanno bisogno di poter ripetere i lavori che gli interessano e per questo hanno bisogno di stabilità per costruire le loro strutture mentali e in una scuola Montessori questa stabilità viene dall’ambiente. Ambiente ordinato, dove il bambino ritrova sempre le cose allo stesso posto.

Ambiente in cui le cose si fanno sempre nella stessa maniera per avere sicurezza e tranquillità mentre si costruiscono quelle strutture mentali che noi adulti diamo per scontate.

Un ambiente dove paradossalmente la presenza di meno struttura favorisce la creazione di più struttura: la rete delle connessioni interpersonali. Qui la regolarità deriva proprio dall’apparente assenza di regole.

Non stupisce notare che anche nel posto di lavoro l’ambiente aiuta. Qui vediamo un ufficio della Google che non sembra nemmeno un ufficio. Del resto i fondatori di Google hanno frequentato una scuola Montessori e avranno assorbito l’importanza dell’ambiente.

Abbiamo parlato di strutture, ma non abbiate paura. Queste strutture non uccidono lo spirito, qualunque cosa questo significhi.

Il fatto di conoscere le leggi matematiche che governano il colore del cielo non mi toglie la poesia di un bel tramonto. Il fatto di sapere che è un neurotrasmettitore a innescare le risposte caratteristiche di un innamoramento, non m’impedisce di apprezzare ancor di più l’amore di mia moglie. Il sapere, il conoscere sono sempre un incremento della nostra umanità, l’ignoranza mai.

Allora, ne deduciamo che tutto è perfetto? Forse no…

…perché i mattoncini LEGO sul pavimento della camera del bambino fanno male se ci metto il piede sopra.

Fuor di metafora, il creare strutture e acquisire un ordine mentale è sempre privo di controindicazioni?

Se al bambino vengono dati solo pochi pezzi o solo quelli di una certa forma — oppure se lo si scoraggia a «rielaborare» — le sue costruzioni, materiali o intellettuali, saranno molto limitate e la sua «libertà» sarà molto modesta. Invece, più un bambino dispone di «pezzi» e più è sollecitato a rielaborare le sue strutture, più diventa creativo o cresce mentalmente, che è quello che vedo accadere nell’educazione montessoriana.

È difficile rappresentare visivamente concetti come quello di «idea preconcetta». Ho rappresentato invece l’assenza di strutture che ci bloccano, i preconcetti appunto, oppure se volete, ho rappresentato la scoperta di nuovi mattoncini che posso combinare nelle mie costruzioni. Invece i preconcetti sono «strutture» del passato (idee politiche, morali, superstizioni, miti, filosofie…), che pensano di essere ancora in grado di risolvere i problemi del presente o addirittura quelli del futuro.

Creerò strutture rigide se vedo il materiale come fine e non come mezzo di crescita e se non insegno, come viene naturale in una scuola Montessori, ad avere uno spirito critico.

O le strutture create e usate per qualcos’altro? Come queste gustose (per il colesterolo) patatine a forma di mattoncino LEGO che si trovano a LEGOland. Imbastardiamo le strutture quando pensiamo che un certo modello educativo come quello montessoriano abbia l’unico scopo di fare del nostro figlio un genio.

No. Queste strutture d’ordine deragliate non ci sono in un ambiente genuinamente Montessori.

Io apprezzo – amo! – quanto ho visto fare alla scuola Montessori perché prima di tutto il bambino, i nostri figli o studenti sono rispettati e poi lì tutti lavorano al fine di creare delle persone mature. Perché, come diceva Einstein, “L’educazione è quello che rimane dopo che si è dimenticato tutto quello che si è imparato a scuola” quindi è importante, come ricordava Montaigne cinquecento anni fa,…

…che aiutiamo il singolo bambino in modo “…che avesse piuttosto la testa ben fatta che ben piena”.

Grazie per l’attenzione!

 

Riferimenti utili

Il lavoro di Alison Gopnikwww.alisongopnik.com
Alison Gopnik a TED2011www.ted.com/talks/alison_gopnik_what_do_babies_think.html
Il CSCSCentro Svizzero di Calcolo Scientifico
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